Segnaliamo con piacere, sul numero di novembre di Diana e Wilde l’articolo: “Bosco Taxodi : il vero volto dei cacciatori”. Esso narra tutta l’epopea dei cacciatori della sezione di Federcaccia Paratico sulla nascita del progetto di manutenzione del Bosco Taxodi e di come, grazie alla loro volontà, oggi è diventato quello che noi tutti conosciamo. Non smetteremo mai di ribadire il valore del Cacciatore, fonte di conoscenza, di tradizioni e di esperienza. Articoli come questi permettono per appunto dare risalto a tale figura facendoli conoscere al grande pubblico.
” Ho ancora nella mente, il prodromo di un libro, dove nel parlare delle varie vie da percorrere per raggiungere la verità, queste venivano paragonate a dei sentieri di un bosco. Ancor più interessante è di come a detta dello scrittore, soltanto i legnaioli e i guardaboschi, sapendo che cos’è il bosco, sanno che cosa significhi trovarsi su un sentiero nella selva. I guardaboschi percorrono i sentieri del bosco preoccupati della sua custodia, cioè di salvaguardarlo[1]. Ma cosa centra con il nostro discorso, tutto ciò? Tralasciando le disquisizioni filosofiche, sappiamo per bene, di poter aggiungere un’altra categoria a quelle elencate: i cacciatori, anche loro custodi del territorio. In questo articolo, proveremo a dar voce, ad un caso virtuoso nel quale proprio loro, i cacciatori, hanno giocato il ruolo centrale della partita.
Forse, più di altri paesi, l’Italia fonda la sua bellezza e la sua travagliata unità sulla biodiversità regnante in ogni angolo della nostra Nazione. Dalle diversità delle lingue regionali e locali fino alle bellezze paesaggistiche ed alle varie usanze, il ventaglio si amplifica enormemente. Oggi vi vogliamo raccontare la storia di un piccolo paese della provincia di Brescia. Siamo a Paratico, sulle sponde del lago d’Iseo; un luogo dove la tradizione personificata dalla monolitica presenza della Parrocchiale di Santa Maria Assunta fa da contraltare ai vigneti della Franciacorta ed alla movida del lago. Un luogo dove i macigni della Pietra di Sarnico sembrano custodire storie lontane, fino a poter raccontare il leggendario passaggio del Sommo Poeta, tra le mura del Castello dei Lantieri; uno dei tanti rifugi del suo peregrinare, dal coatto esilio fiorentino. Qui, di dirimpetto sulla parte del finale del lago, dove il fiume Oglio riprende la sua corsa, sorge il bosco del Taxodi.
Secondo le ultime decane memorie, che abbiamo avuto il piacere di ascoltare, il bosco nasce all’incirca nel 1880 per volere di una persona facoltosa, abitante nell’adiacente Sarnico. Furono importati dall’America del nord e poi piantati semi di tasso o cipresso calvo – messi a dimora in un vecchio canneto nell’acqua – che a detta dei consigli medici del tempo, potevano essere stati un toccasana per il fisico cagionevole della figlia, malata di tubercolosi. Il tempo passa e le piante crescono; sopravvivendo perfino ad una tremenda tromba d’aria degli anni ‘30 del primo Novecento, chiamata dalle persone del posto: “La Sarneghera”. Questo porterà ad una crescita non propriamente verticale di alcuni arbusti, tale da poter vedere tutt’oggi alcuni elementi storti. Col tempo, il sito in questione, dopo essere annesso a varie proprietà, venne lasciato andare in malora all’incirca nella seconda metà del secolo scorso, per essere acquisito in ultimo dal Comune di Paratico. Ricordiamo che fino ad allora, data la forte connotazione agricola dell’abitato di Paratico, i terreni circostanti erano sempre stati coltivati; con l’avvio del boom economico e della massiccia cementificazione ed industrializzazione del paese, l’abbandono fu imminente. Il degrado regna altisonante, fino a quando nel 2019 venne adocchiato da un manipolo della locale sezione di cacciatori. Forti della loro passione per la natura e dell’attaccamento al territorio, pensano qualcosa per poterlo ripristinare al servizio della comunità. Come ci spiega Celestino Corna, presidente della sezione locale di Federcaccia Paratico: “Nel 2019 dopo un sopralluogo per vedere lo stato d’abbandono in cui risiedeva l’area, abbiamo fatto appello alle istituzioni del Comune affinché intervenissero per risolvere e migliorare la situazione. È stato indetto un concorso tra le varie associazioni locali, con la clausola di presentare un progetto ed i mezzi atti a perpetuarlo. Vinto il bando – continua il presidente Corna – ci siamo subito adoperati, affinché il pensiero diventasse realtà. Da subito, abbiamo avuto il supporto di Federcaccia Brescia, che grazie all’allora presidente Marco Bruni (ora presidente regionale di Federcaccia Lombardia) ci ha aiutato, mettendo a nostra disposizione la Dott.ssa Antonella Labate, biologa responsabile dell’Ufficio Faunistico di Federcaccia Lombardia, consulente dell’Ufficio Studi e Ricerche di Federcaccia Nazionale e consigliere nel comitato scientifico di Fondazione UNA. Lei, insieme al tecnico del Parco dell’Oglio, il Dott. Alliata, ci hanno guidati su come doveva vertere la nostra azione a livello agronomico pratico, tipo quali piante erano consone per la piantumazione rispettando la biodiversità della flora di zona. Siamo molto contenti del risultato finale. Dopo cinque anni e dopo aver smaltito quintali di materiali, animali come folaghe, germano reale ed airone cenerino sono tornati a nidificare all’interno del bosco; così come la fauna ittica quali carpe, lucci, tinche e gamberetti di lago, è ritornata trovando finalmente la strada libera dalla folta vegetazione, dove sarebbe rimasta inesorabilmente intrappolata. Grazie alla generosa passione dei nostri volontari cacciatori, che si sono adoperati nei vari anni, abbiamo riscoperto un angolo dimenticato del nostro paese. Insieme abbiamo centrato l’obiettivo di trasformare questi 15.000 metri quadrati di terra in una rappresentazione dei nostri capanni di caccia, dove ogni ramo ha la sua funzione e le nostre vite prendono un senso e dove la luce delle nostre ragioni si ricongiunge a quella della natura.”
Il Comune – con cui l’associazione cacciatori ha mantenuto viva la collaborazione – ha tenuto la sovraintendenza dei lavori collocando una passerella che circoscrive tutto il bosco, una parte via terra ed una parte galleggiante sul lago. Sono stati collocati dei pannelli esplicativi per spiegare la flora e la fauna del posto. Inoltre, è stata costruita una piccola costruzione utilizzata come sede della proloco di Paratico che, avvalendosi della collaborazione dei volontari, accoglie i turisti provenienti oramai da ogni parte del Nord Italia e non solo, diventando un fenomeno virale, molto conosciuto, soprattutto grazie anche l’utilizzo dei social.
Abbiamo quindi visto che in quest’epoca, dove nonostante i giudizi non sempre positivi, i cacciatori riescano a ridare luce ad un angolo selvatico opacizzato dall’avvento della modernità. Far assonare il ruolo dei cacciatori, come una delle forze mediatrici tra umanità e natura, risulta essere uno dei punti risolutivi, da prendere al balzo per poter osservare con occhi da protagonista quest’era di mutamenti, dove alle parole ambiente ed ecologia vengono sovente puntati i riflettori in modo marcato. Bisogna accingersi ad un nuovo cammino, riprendendo coscienza del nostro territorio nazionale, con azioni locali di mantenimento e di cura di quest’ultimo, facendo conoscere il vero volto del cacciatore/cittadino. Per noi, forse è ancora inconcepibile, ma come ricorda Pietro Chiodi[2], risulta facile trovarsi e perdersi sul sentiero del mondo. Esso stesso è avanzamento e smarrimento, però non conoscenza di un qualcosa, ma salvaguardia di un nuovo inizio. “
[1] https://blogphilosophica.wordpress.com/2023/01/01/heidegger-holzwege-i/ e M. Heidegger, Holzwege sentieri nella selva, ed. Bompiani
[2] Filosofo e partigiano italiano, primo traduttore e studioso di Martin Heidegger.
Ringraziamo i volontari della sezione comunale di Federcaccia Paratico, che con la loro opera hanno trasformato questo angolo del lago d’Iseo in un piccolo quadro da presentare alla popolazione ed ai posteri.
Ph. Antonella Labate
[1] https://blogphilosophica.wordpress.com/2023/01/01/heidegger-holzwege-i/ e M. Heidegger, Holzwege sentieri nella selva, ed. Bompiani
[2] Filosofo e partigiano italiano, primo traduttore e studioso di Martin Heidegger.

